Il regista - originario dell'Abruzzo, ma residente a Lugano - gioca sui contrasti tra una terra sconvolta da un violento terremoto, che ha cancellato i ricordi e sradicato un'identità che ora si rivela illusoria, e una città che invece rinasce continuamente sulle proprie macerie, senza badare troppo alla storia che ogni volta viene spazzata via.

Una regione fantasma, dove la propria casa è diventata un nemico temibile, e una città che invece rinasce continuamente sulle macerie di sé stessa, senza badare troppo alla storia che ad ogni abbattimento viene spazzata via. Questo è il cortocircuito di senso messo in scena dal regista, nato a Zurigo, originario dell'Abruzzo e residente a Lugano. Proprio sul concetto di vivere tra più terre, che vuol dire vivere in nessun posto incentra la sua riflessione sulla memoria dei luoghi. Giocando sui contrasti tra una terra sconvolta da un violento terremoto, che ha cancellato i ricordi e sradicato un'identità che ora si rivela illusoria, e un'altra modernista per principio, stravolta da una distruzione-ricostruzione programmata, che propone un continuo abbatti-e-rifai. Con immagini luganesi che se prese nel momento giusto, come quello del vecchio caseggiato che sta per crollare, si sovrappongono simbolicamente a L'Aquila. Il documentario è un viaggio alla ricerca della terra dove sono piantate le proprie radici; il desiderio di ritrovare una casa che forse può essere solo un luogo mentale.

Terradentro

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